LOMBALGIA SPECIFICA O ASPECIFICA

“Dottore vengo da lei perché ho dolore alla schiena a causa della mia ernia!”. È in questo modo che molti miei pazienti esordiscono per spiegarmi i le loro sofferenze lombari o cervicali.

Infatti, l’iter diagnostico della medicina tradizionale in merito ai sintomi dolorosi della colonna vertebrale sembrerebbe alimentare questa consapevolezza o confusione da parte del  paziente.

Ciò avviene perchè spesso il Medico tende a ricercare la causa dei dolori lombari (o cervicali) attraverso gli esami strumentali (RX) o di imaging (TAC, RMN) trascurando l’importanza dell’esame obiettivo fisico. Ma come riportato dai  diversi recenti studi, le descrizioni riportate nei referti  non rappresenterebbero null’altro che “le rughe della colonna vertebrale” e che non necessariamente rappresentano sempre la giustificazione del dolore riferito dal paziente,anzi.

A conferma, un attuale studio retrospettivo ha evidenziato come circa il 40-60% del gruppo campione analizzato senza dolore lombare evidenziasse, inseguito alla RMN, almeno una discopatia (ernia, protusione, prolasso o bulging).

Il risultato  di questo lavoro evidenzia come le alterazioni anatomiche espresse attraverso gli esami strumentali non siano assolutamente da correlare in modo lineare e assoluto come la causa unica e diretta dei dolori lombari.

A supporto, anche La letteratura scientifica distingue due principali tipologie di lombalgia: specifica ed aspecifica. 

La prima ne rappresenta solo il 5-10% e riconosce delle specifiche cause scatenanti il dolore come ad esempio una sofferenza neurologica su base erniaria (sciatalgia, cruralgia ecc.), infiammatoria, infettiva, neoplastica da integrità ossea (es.frattura) ecc.

Tuttavia, Il 97% delle lombalgie  è aspecifica ovvero di origine “meccanica”. 

Ciò significa che la causa di fondo è un’anomalia per lo più biomeccanica, piuttosto che una patologia strutturale, radicolare, infiammatoria, neoplastica o viscerale.

Dunque, un’analisi più all’avanguardia della lombalgia aspecifica (aspecific low back pain) non può non tener conto oggigiorno del PMID, ovvero il painful minor intervertebral dysfunction (Maigne 2006).

 

COS’E’ la PMID

Si definisce PMID la disfunzione dolorosa, benigna e reversibile, di origine meccanica  dell’anatomia locale di  un segmento vertebrale (Muscoli, legamenti, articolazioni/dischi intervertebrali ecc).

Essendo il PMID a carattere disfunzionale (e non strutturale!!)  la valutazione del PMID si basa sul riscontro  di un segmento spinale doloroso in assenza di elementi clinici o radiologici rilevanti processi patologici in atto !!

Un’ interessante peculiarità dei PMID è quella di “proiettare” il  dolore anche a distanza rispetto al punto algogeno della colonna vertebrale. E ciò sembrerebbe giustificare circa il 90-95% dei sintomi agli arti superiori o inferiori in contemporanea ad un disturbo doloroso della colonna vertebrale depotenziando in questo modo le diagnosi sovrastimate di lombo-sciatalgia o lombo-cruralgia.

Clinicamente, il territorio di manifestazione è abbastanza sovrapponibile a quello di distribuzione della radice nervosa del segmento vertebrale in disfunzione, ma non si tratta assolutamente di un dolore di tipo radicolare (sciatalgia,cruralgia ecc)!
Ancora più interessante è constatare dai diversi studi scientifici in merito come esistano delle vere e proprie mappe dei PIMD e dei loro dolori “proiettati” qui in seguito solo in parte riportate:

 

Nella figura 61.3 (Maigne 2006) si osservano tre distinti PMID (cerchiolino nero sulla colonna vertebrale) ed i loro stereotipati dolori riferiti (area grigia):

  • In alto: l’articolazione tra l’occipite e la prima vertebra cervicale C1 ed il relativo dolore riferito a livello nucale ed orbitario/sopraciglio dx.
  • In mezzo: l’articolazione tra la settima vertebra cervicale C7 e la prima vertebra dorsale D1 ed il relativo dolore riferito a livello periscapolare dx.
  • In basso: l’articolazione tra l’ultima vertebra dorsale D12 e la prima vertebra lombare L1 ed il relativo dolore riferito a livello gluteo

 

LOMBALGIA OSTEOPATA MILANO GIORGIO GERMANO

 

Le figure 61.4 e 61.5 completano la figura 61.3

 

come curare la lombalgia milano giorgio germano

 

Pattern del dolore discale

mal di schiena osteopata milano milano

(Slipman et al., 2005)

 

Pattern dei PMID  a livello delle articolazioni intervertebrali lombari (fig.4 e 5)

 

 

 

come curare il mal di schiena milano

Cohen and Raja, 2007

 

curare il mal di schiena milano giorgio germano

Perolat et al., 2018

 

In conclusione, queste evidenze scientifiche circa gli PMID alimentano ancor di più il ruolo cardine della Medicina osteopatica come figura terapeutica leader nei disturbi dolorosi aspecifici della colonna vertebrale. Questo risiede nell’articolato e scrupoloso background formativo che si traduce in un’approfondita capacità di semeiotica e trattamento di un Osteopata qualificato.

A conferma,i recenti dati ISTAT circa le richieste di consulto osteopatico da parte dei pazienti affetti da rachialgie confermano l’importante ruolo sociale del’Osteopatia sul territorio nazionale.

Tuttavia è ancora più importante sottolineare che la maggior parte delle richieste di consulto da parte dei pazienti è per affezioni di tipo cronico e non acuto.

Ciò richiede inevitabilmente una sinergia tra le diverse figure professionali in modo da collaborare attraverso un approccio multidisciplinare integrato.

 

Vi consiglio anche questo articolo molto interessante:

 

 

Referenze

  • Cohen, S. P. Raja, S. N. (2007) Pathogenesis, Diagnosis, and Treatment of Lumbar Zygapophysial (Facet) Joint Pain. Anesthesiology, 106 (3), pp. 591-614

 

  • Maigne, R. (2006) DIAGNOSIS AND TREATMENT OF PAIN OF VERTEBRAL ORIGIN. 2nd Boca Raton: CRC Press
  • Slipman, C. W. Plastaras, C. Patel, R. Isaac, Z. Chow, D. Garvan, C. Pauza, K. Furman, M. (2005) Provocative cervical discography symptom mapping. The Spine Journal, 5 (4), pp. 381-388
  • Perolat, R. Kastler, A. Nicot, B. Pellat, J.-M. Tahon, F. Attye, A. Heck, O. Boubagra, K. Grand, S. Krainik, A. (2018) Facet joint syndrome: from diagnosis to interventional management. Insights Imaging, 9 (5), pp. 773-789